
Cosa sono i Bisogni Educativi Speciali (BES): normativa e pratiche di inclusione
Nel mondo della scuola, uno dei temi di più stretta attualità è quello dell’inclusione degli studenti con difficoltà legate all’apprendimento, che possono avere cause diverse. Sono i cosiddetti alunni BES, cioè portatori di Bisogni Educativi Speciali. Per loro, negli anni, è stata pensata una normativa ad hoc che permette ai docenti di creare una didattica personalizzata. Un obiettivo reso possibile dall’uso di strumenti specifici, come il Piano Didattico Personalizzato.
Che cosa sono i Bisogni Educativi Speciali (BES)
Come detto, la sigla BES è l’acronimo di Bisogni Educativi Speciali. Questa definizione è stata introdotta per la prima volta nel Regno Unito, alla fine degli anni ’70. Nel tempo, ha conosciuto un crescente successo, tanto da essere cristallizzata in documenti di valore internazionale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, l’ha inserita nella sua “Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute”, spiegandola con queste parole: “qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento permanente o transitoria in ambito educativo o di apprendimento, dovuta all’interazione tra vari fattori di salute e che necessita di educazione speciale individualizzata”. Anche l’UNESCO, nella Dichiarazione di Salamanca, ha ritenuto opportuno dare la propria interpretazione di Bisogni Educativi Speciali, facendo riferimento a: “tutti quei bambini e giovani i cui bisogni derivano da disabilità oppure difficoltà di apprendimento”. Scendendo più nel concreto della legislazione italiana in materia di istruzione, la definizione di BES può essere rintracciata nella Circola Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013. Il documento sottolinea come i bambini con bisogni educativi speciali, presentano una delle seguenti condizioni: “svantaggio sociale e culturale, i disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, le difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse” Sintetizzando, quindi, si può affermare che ci si trova di fronte ad un alunno BES ogni volta che il bambino o il ragazzo manifesta particolari esigenze di apprendimento, che possono essere di carattere permanente o temporaneo e causate da fattori diversi.
Quali sono i Bisogni Educativi Speciali
Nella pratica, i Bisogni Educativi Speciali possono essere ripartiti in tre categorie:
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Disabilità (L.104/1992)
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Disturbi evolutivi specifici (come DSA, deficit di attenzione e iperattività L. 53/2003 e 170/2010);
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Disturbi legati a fattori socio-economici, linguistici e culturali (BES in senso stretto – L. 53/2003).
Visto, però, che gli alunni riconosciuti con disabilità ex legge 104 e i DSA sono trattati in modo specifico e separato, la definizione di BES in senso stretto (a cui il prosieguo di questo articolo fa riferimento) è limitata ai bisogni educativi che non rientrano nelle due predette categorie.
Leggi anche l’approfondimento dedicato ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento – DSA
Alunni BES e alunni DSA, punti di contatto e differenze
Per comprendere chiaramente l’importanza dei BES, è utile in primo luogo capire perché sono differenti dai DSA (che pure ne rappresentano una sottocategoria). Infatti, i Disturbi Specifici dell’Apprendimento possono essere certificati solamente in maniera diagnostica, ovvero a seguito del referto di uno psicologo, di un neuropsichiatra o in alcune regioni anche di un logopedista.
I DSA non certificano una minore capacità cognitiva nell’alunno, ma evidenziano dei deficit specifici che ne limitano le possibilità di apprendimento. Al contrario, i BES non sono il risultato di una diagnosi medica sullo studente. Rispondono, invece, alla necessità di andare incontro alle particolari esigenze che un alunno può manifestare, anche solamente per un periodo circoscritto e in assenza di una diagnosi clinica. Si è quindi in presenza di una difficoltà puramente pedagogica che l’insegnante può decidere di affrontare con la stipula di un piano didattico specifico. Sintetizzando, si può affermare che i DSA rispondono a una “categoria diagnostica”, mentre i BES a una “categoria scolastica”. Proprio per questo nell’individuazione dei Bisogni Educativi Speciali è fondamentale il ruolo dell’insegnante. È proprio qui la grande rivoluzione culturale introdotta dai BES; la normativa dà ai docenti la responsabilità e competenza di individuare esigenze specifiche di apprendimento. Al di fuori di procedure medico-sanitarie, le valutazioni dei docenti si basano invece sul concetto educativo e di apprendimento definito dal modello ICF (International Classification of Functioning) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La normativa sui Bisogni Educativi Speciali
Con la Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 recante “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (Miur) ha infatti introdotto il riconoscimento di esigenze didattiche particolari per alunni con difficoltà di apprendimento dovute a cause familiari, socio-ambientali o culturali. Di conseguenza, il Ministero ha fornito anche criteri organizzativi per favorire l’inclusione di questi studenti in difficoltà, indicazioni che ha poi ulteriormente approfondito e chiarito con la circolare ministeriale del 6 marzo 2013, così come con le successive note del 27 giugno 2013 e del 22 novembre 2013. Il nucleo centrale e la novità più importante dell’introduzione dei Bes nella scuola italiana è l’ampliamento del campo di applicazione di una didattica personalizzata e inclusiva, che in precedenza era prevista solamente per gli alunni con DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento). In altri termini, il diritto a un Piano Didattico Personalizzato (PDP), ovvero a una personalizzazione del processo d’apprendimento, viene esteso anche gli studenti con Bisogni Educativi
Cos è il PAI (Piano Annuale di Inclusione)
Il PAI, o Piano Annuale per l’Inclusione, è il documento con cui ogni istituto scolastico valuta e definisce i bisogni educativi e/o formativi dei suoi studenti. Il PAI, o Piano Annuale per l’Inclusione, è il documento con cui ogni istituto scolastico valuta e definisce i bisogni educativi e/o formativi dei suoi studenti, organizza e predispone gli interventi necessari su tale fronte e ne monitora gli esiti. Nello specifico il PAI è un documento che:
- assicura l’attuazione di un approccio didattico-educativo unilaterale;
- tutela l’efficacia e la continuità dell’azione didattico-educativa anche in caso di variazioni del personale scolastico responsabile dell’inclusione;
- consente di fare il punto sulle modalità educative e sulle metodologie didattiche impiegate;
La normativa di riferimento del PAI è costituita da:
Oltre a questi due testi principali, a definire maggiormente il PAI nel corso degli anni hanno contribuito ulteriori note e circolari diramate sia a livello nazionale che regionale.
Per la redazione del PAI si utilizza un modello elaborato dal Ministero il quale comprende 2 parti principali:
- Parte I
relativa alle analisi dei punti di forza e delle criticità rilevate nell’anno concluso; - Parte II
relativa agli obiettivi e alle proposte volte all’incremento dell’inclusività per l’anno seguente;
Il modello, con le relative istruzioni di compilazione, è stato diramato dal ministero con la nota 1551 del 27 giugno 2013.
Il PAI è un documento che inquadra lo stato dei bisogni educativi e formativi della scuola e le azioni che si intende attivare per fornire delle risposte adeguate.
E’ stato introdotto dalla Direttiva sui BES del 27/12/12 e dalla CM del 6/03/13, ed è stato poi oggetto di tutta una serie di note e circolari, sia nazionali sia regionali.
Conclude il lavoro svolto collegialmente da una scuola ogni anno scolastico e costituisce il fondamento per l’avvio del lavoro dell’anno scolastico successivo.
Il Piano Nazionale per l’Inclusione ha lo scopo di:
- garantire l’unitarietà dell’approccio educativo e didattico della comunità scolastica;
- garantire la continuità dell’azione educativa e didattica anche in caso di variazione dei docenti e del dirigente scolastico;
- consentire una riflessione collegiale sulle modalità educative e sui metodi di insegnamento adottati nella scuola.
La redazione del PAI, come pure la sua realizzazione e valutazione, è l’assunzione collegiale di responsabilità da parte dell’intera comunità scolastica sulle modalità educative e i metodi di insegnamento adottati nella scuola per garantire l’apprendimento di tutti i suoi alunni secondo alcuni punti fondamentali:
- la definizione, collegialmente condivisa, delle modalità di identificazione delle necessità di personalizzazione dell’insegnamento;
- la definizione di protocolli e di procedure ben precise per la valutazione delle condizioni individuali e per il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia degli interventi educativi e didattici;
- le analisi di contesto, le modalità valutative, i criteri di stesura dei piani personalizzati, della loro valutazione e delle eventuali modifiche;
- la definizione del ruolo delle famiglie e delle modalità di mantenimento dei rapporti scuola/famiglia in ordine allo sviluppo delle attività educative/didattiche;
- le risorse interne ed esterne da poter utilizzare.
Allegati:
SEGNATURA_1721217113_PIANO_ANNUALE_PER_inclusione_a.s._2023.24
SEGNATURA_1702640301_PROTOCOLLO-ACCESSO-TERAPISTI-PRIVATI-IN-ORARIO-CURRICULARE pdf